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Foto, streaming etc. del Congresso dell’Anpi Comitato provinciale di Macerata 15 gennaio 2022 – Camerino

A Mario Mosciatti ed a* compagn* ed amic* della Sezione di Camerino

Caro Mario,
credo di poter dire che tutt* insieme abbiamo fatto un buon Congresso.
Fondamentale il tuo impegno e delle iscritte ed iscritti della Sezione di Camerino.
Grazie a tutt*
Un caro saluto
Lorenzo Marconi

Macerata li 16.01.2022

Speciale ANPI MACERATA su E’TV canale 12
Lunedì. 17 h 19.50
Martedì 18 h 14.05
Mercoledì. 19 h 9.50

Buongiorno a tutte e tutti.

Abbiamo voluto iniziare questo nostro congresso con la “visita” della città che ci ospita per un omaggio a quanti sono stati colpiti dagli eventi sismici del 2016, a tutti coloro che dopo 6 anni sono ancora costretti a soggiornare in luoghi diversi da quelli a loro abituali e che ancora debbono misurarsi con la necessità di recuperare le loro abitazioni e che attendono di capire e dare contenuti concreti ad una ricostruzione che non può essere solo fisica ma anche collettiva, economica  e culturale.

Un processo ancora lungo, reso ancor più grave dalla sopraggiunta pandemia.

Una situazione veramente difficile che non può essere sottovalutata ed è anche per questo che dopo il sopralluogo che abbiamo fatto poco fa abbiamo chiesto a Marco Moroni tra gli animatori dei “Cantieri mobili di Storia” promossi dall’Istituto Storico di Macerata e dal Centro Studi Acli Marche di parlarci di questa loro iniziativa.

I Cantieri Mobili di Storia al Congresso Anpi   (Camerino 15 gennaio 2022)

Vorrei partire da una Domanda: Perché  in apertura è stato previsto l’intervento di un esponente dei Cantieri Mobili di Storia al Congresso dell’Anpi? E’ domanda legittima:

         I “Cantieri mobili di Storia” nascono da una iniziativa dell’Istituto storico di Macerata e del Centro Studi delle Acli delle Marche con un preciso obiettivo: lavorare insieme con le comunità dell’Appennino colpite dal sisma perché non perdano la propria storia e la propria identità.

         Negli ultimi cinque anni  i “Cantieri mobili di Storia” hanno operato intensamente nei paesi del “cratere” organizzando incontri itineranti, affrontando i temi da più parti indicati come cruciali per la rinascita delle comunità (dalle scuole alle foreste, dalla manutenzione del territorio alle cooperative di comunità) e favorendo la costituzione di gruppi locali, essenziali per la rinascita. Da questa esperienza vengono le 3 risposte che  mi sento di  dare alla domanda iniziale: Perché questo intervento? E che c’entra l’Anpi?

1) Innanzitutto per far conoscere a tutti quello che abbiamo visto. Per ricordare a tutti che a più di cinque anni dal sisma il Centro Storico di Camerino è ancora in gran parte chiuso e disabitato. E quindi per denunciare una situazione inaccettabile e per chiedere ancora una volta interventi urgenti per Camerino, per i paesi del cratere e per tutti gli abitanti di questo nostra parte dell’Appennino. Sono stati definiti i  “resistenti”. E già questo basterebbe per farci dire che la loro “resistenza” interessa (Eccome !) l’Anpi.

2)  Ma c’è un secondo motivo di interesse per l’Anpi. Insieme con tante altre realtà associative, vecchie e nuove, che stanno animando i paesi e le frazioni del cratere, noi dei Cantieri Mobili di Storia abbiamo chiesto più volte e ripetutamente che la ricostruzione  si realizzasse con una maggiore partecipazione dei cittadini. A più riprese abbiamo denunciato la mancanza di coinvolgimento delle popolazioni locali. Anche in questa sede noi diciamo che si dovevano (e si devono) ascoltare le comunità, la società civile organizzata, i gruppi sorti dopo il sisma; e diciamo che si doveva (e si deve) puntare più decisamente su una ricostruzione partecipata.

         Abbiamo posto quindi un problema di democrazia. In questi paesi (ma questo vale anche per l’intera nostra Regione) si deve affrontare una doppia ricostruzione; quella del dopo-terremoto e quella del dopo-pandemia. Ma il Covid sta ponendo all’Italia, all’Europa e all’intero pianeta problemi inediti. Dobbiamo renderci conto che la pandemia ha avuto effetti devastanti non solo sull’economia, ma anche sulla socialità e quindi sulla nostra democrazia. Con il “Lockdown” (ma gli effetti continuano ancora oggi) c’è stato un crollo della partecipazione.

Il Rapporto curato dall’Istituto LaPolis dell’Università di Urbino, presentato qualche settimana fa da Ilvo Diamanti, ha fotografato un’Italia che mostra un disagio sociale diffuso, una forte incertezza sul futuro, una domanda crescente di sicurezza, la richiesta di un presidente della Repubblica eletto direttamente dai cittadini. E la richiesta di una maggiore presenza dello Stato. Non c’è solo la sfiducia nella politica;  è in crisi non solo la partecipazione politica, ma anche la partecipazione sociale e civile. Si è indebolita la partecipazione nelle associazioni culturali, sportive e ricreative , in tutte le iniziative dal basso e anche nel volontariato.

         Dobbiamo renderci conto del ruolo di presidio sociale del territorio svolto dal mondo dell’Associazionismo e di tutto il Terzo Settore.

L’Arci e le Acli nei mesi scorsi hanno lanciato una campagna dal titolo “Curiamo la socialità”, chiedendo che venga riconosciuto il ruolo sociale delle Associazioni e la funzione da esse svolta nel nostro Paese: nella lotta contro la povertà e le disuguaglianze, nel sostegno alle esperienze di solidarità e di mutualismo e nella promozione della cultura e della socialità.

Anche questo Governo, come i precedenti, al di là delle affermazioni retoriche sulla importanza del volontariato e sui volontari come eroi, non riconosce il ruolo del Terzo Settore. Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza non investe sul Terzo Settore.

Ma non si tratta solo di questo. Dobbiamo capire che  senza la società civile, senza i corpi intermedi e senza i territori la democrazia rischia di diventare un simulacro vuoto.

Una democrazia così segnata dall’emergenza di questi due anni certo interessa l’Anpi. Una democrazia così indebolita non può che interessare  l’Anpi.

3)  Infine c’è un terzo tema che credo debba interessare l’Anpi e non solo l’Anpi ma tutti i cittadini italiani e i marchigiani in particolare. E’ il tema delle aree interne.

Il Covid e il dibattito sulla transizione ecologica hanno fatto emergere un tema centrale per le Marche. Come operare per un riequilibrio territoriale in una regione come le Marche? Il Covid ha costretto tutti a ripensare alcuni dei cardini dl uno sviluppo sostenibile: il nuovo sviluppo dovrà poggiare su salute, sostenibilità ambientale e stili di vita più genuini, Welfare territoriale e reti di prossimità.

Ma non si tratta soltanto di questo. Dobbiamo prendere atto che l’emergenza sismica e quella sanitaria hanno colpito una regione già in difficoltà a causa della crisi economica e finanziaria del 2008, con la quale per l’Italia dei distretti è finito un ciclo. I dati Istat e le analisi Svimez attestano che le Marche si stanno allontanando dalle aree più dinamiche del Paese.

Nella nostra regione i ritardi si sono accumulati. Dopo il 2008 il sistema produttivo marchigiano ha dimostrato una scarsa capacità innovativa; alla crisi del sistema bancario regionale si sono aggiunte alcune gravissime crisi aziendali e preoccupanti vendite di grosse aziende a imprese estere; il Covid, a sua volta, ha fatto emergere con evidenza le gravi debolezze del Welfare marchigiano sottoposto a pesanti tagli; la stessa coesione sociale è ormai a rischio. Dobbiamo renderci conto che stiamo vivendo una vera e propria cesura nella storia della nostra regione.

Il Piano nazionale di Ripresa e Resilienza sta offrendo nuove opportunità, ma con l’emergenza climatica non poche delle priorità sono cambiate.

In una regione come le Marche resta fondamentale l’obiettivo di un nuovo equilibrio fra aree urbane, aree rurali e aree interne e basato su innovazione sociale e sostenibilità ambientale; servono però nuove infrastrutturazioni digitali e il potenziamento dei servizi essenziali sulla base dei criteri individuati dalla Strategia nazionale delle aree interne.

Nelle aree interne: non si ha rilancio se non vengono garantiti alcuni servizi fondamentali come sanità, istruzione, mobilità e accessibilità. Così pure, le nuove prospettive di sviluppo devono basarsi, oltre che su turismo, ambiente e valorizzazione del ricco patrimonio culturale, anche su innovazione tecnologica e alta formazione, ma non devono trascurare le attività manifatturiere, specialmente nelle specializzazioni più legate ai territori.

Il Covid ha obbligato tutti a rimettere in discussione anche alcune scelte del federalismo del recente passato. Non mi soffermo su questo punto. Sarebbe necessaria una riorganizzazione istituzionale e amministrativa che dovrebbe partire dai piccoli Comuni, ma inevitabilmente dovrebbe toccare il livello intermedio (cioè le province) e infine anche il livello regionale.

Se ne parla da tempo. Tutti concordano sulla necessità di un ripensamento dell’Ente Regione, che in 50 anni ha mostrato molti limiti, ma poi le proposte divergono e talvolta appaiono inconciliabili. Vi è chi rilancia il federalismo e chi spinge invece perché lo Stato si riprenda il suo ruolo.

Un fatto è certo: con la pandemia sono emersi i rischi connessi agli ostacoli che le Regioni possono frapporre a quelle scelte unitarie che sono risultate necessarie durante l’emergenza sanitaria. Il Covid insomma ha fatto riemergere con forza il ruolo fondamentale che solamente lo Stato può svolgere. E non solo in tema di salute. Con l’emergenza climatica, accadrà la stessa cosa anche sui temi ambientali.

         Tocco così un ultimo punto. La fase nuova che si è aperta con il cambiamento climatico ha spinto alcuni studiosi a parlare di “nuova centralità della montagna”. Parlare di nuova centralità della montagna può apparire surreale in un mondo che indubbiamente è andato e sta andando nella direzione opposta, quella delle metropoli. Anche in Italia la popolazione ha abbandonato le terre alte per spostarsi nelle pianure ed ha abbandonato i piccoli borghi per concentrarsi nelle grandi città. Per il futuro ci sono però vari elementi a favore della montagna che non vanno trascurati.

         Con il cambiamento climatico si manifesterà la necessità di un riequilibrio tra aree urbane, aree rurali e aree interne e soprattutto il mondo avrà sempre più bisogno delle terre alte.

In questo quadro l’Appennino potrà svolgere un ruolo ancora più rilevante: quello di divenire per l’intero Paese un grande laboratorio dove sperimentare uno sviluppo sostenibile. Si tratta allora di riscoprire le grandi potenzialità – non solo turistiche e ambientali, ma anche socio-economiche e culturali delle nostre zone interne appenniniche, capaci di indicare anche alle città costiere e collinari nuovi e più sostenibili percorsi per il futuro.

La realizzazione di tutto questo richiede però una notevole capacità di governo, e nelle Marche  la capacità di governo finora è apparsa molto debole.

Oltre alla capacità di governo, serve poi una visione del futuro. È una visione che purtroppo, almeno finora, è chiaramente mancata alla Regione Marche.

Serve allora il contributo di tutti noi.. Dobbiamo contribuire a realizzare un nuovo modello di sviluppo, sostenibile non solo dal punto di vista economico e ambientale, ma anche dal punto di vista sociale.

Intervento Presidente Comitato provinciale Anpi Macerata

Benvenute\benvenuti: alle Autorità civili e militari, ai Sindaci, ai responsabili e rappresentanti dei partiti democratici ed antifascisti, delle organizzazioni sindacali, delle associazioni.

Grazie per la vostra presenza e grazie per il contributo che vorrete dare al nostro Congresso.

Un grazie particolare al Magnifico Rettore dell’Università di Camerino Prof. Claudio Pettinari per la sua consueta disponibilità e per averci messo a disposizione un sito così prestigioso.

Un sito prestigioso ma anche adeguato a garantirci le migliori condizioni per assicurarci lo svolgimento in condizioni di sicurezza.

A due anni dall’insorgere della Pandemia viviamo una condizione d’incertezza che sembra non aver raggiunto il suo momento di picco e che ancora è causa di conseguenze che condizionano la vita di miliardi di persone oltre che causa di un grande numero di decessi.

Invito il Congresso a rivolgere un pensiero agli uomini e alle donne vittime della pandemia.

Così come invito tutti noi a non dimenticare mai la riconoscenza che dobbiamo a quanti in questi anni difficili si sono adoperati per assicurare supporto sanitario e sociale in condizioni che nessuno avrebbe potuto immaginare.

Una riconoscenza dovuta nonostante i limiti e le carenze di un sistema organizzativo e sanitario che ha mostrato le sue debolezze e carenze conseguenti a scelte ed indirizzi pregressi inappropriati.

Come non dobbiamo mai dimenticare le partigiane ed ai partigiani che hanno combattuto, le donne e gli uomini che li hanno sostenuti, soccorsi, aiutati e che dopo aver combattuto hanno continuato a dare il loro contributo nei partiti, nei sindacati, nelle associazioni e nelle Istituzioni per la costruzione di un paese libero, democratico e pacifico, un paese antifascista, meno ingiusto di quello che avevano conosciuto.

Per la maggior parte di loro che non ci sono più un pensiero riconoscente.

Buona vita a tutt* coloro che non possono stare con noi.

Svolgiamo il nostro Congresso con un anno di ritardo a causa della pandemia.

Gli anni che abbiamo alle spalle sono stati anni che hanno posto ciascuno di noi di fronte a situazioni molto difficili e piene di contraddizioni.

La grave crisi economica, sociale e politica originatasi con la crisi finanziaria globale del 2008 e del 2011 con le sue gravi conseguenze in Europa (come non richiamare alla mente il tragico trattamento subito dalla Grecia e le politiche cosiddette di austerità subite dal nostro paese), gli eventi sismici del 2016 su un’ampia parte dell’Appennino, la Pandemia riportano alla nostra mente le innumerevoli questioni che questi “eventi” hanno fatto emergere, in particolare va sottolineata la loro capacità di rendere, almeno a chi le vuole vedere, palesi le grandi contraddizioni della nostra epoca: l’inadeguatezza del mercato non solo a riequilibrarle ma al contrario a renderle ancora più profonde, l’aggravarsi delle disuguaglianze, una più accentuata ed ineguale distribuzione della ricchezza sempre più polarizzata, la dilagante precarizzazione del lavoro determinata non solo dalla sempre più accelerata informatizzazione e robotizzazione  ma da una costante delegificazione delle tutele dei diritti dei lavoratori e dall’accelerazione dei processi di privatizzazione ed aziendalizzazione dei servizi pubblici.

Tutte questioni che nel tempo hanno concorso alla destrutturazione delle istituzioni dello “stato sociale” che erano state faticosamente conquistate.

A tutto questo è da aggiungere lo sviluppo di una potente offensiva sovranista (favorita dalle profonde contraddizioni delle politiche poste in essere dall’Europa) e razzista veicolata in particolare dalla Lega,  in competizione, pensate un po’, con un’altra  destra come Fratelli d’Italia, che ha fatto da cassa di risonanza ad una forte azione di contrasto all’attività di soccorso dei migranti da parte di alcune Ong fino al coinvolgimento del governo che troppo spesso si è prestato a negare i porti alle navi che avevano effettuato i salvataggi. Un’azione capace di influenzare ampi strati della cittadinanza che non si è fatta scrupolo di utilizzare e favorire a questo fine anche l’attività delle organizzazioni neofasciste.

 Il tutto attraverso un uso molto sofisticato dei social e dei mezzi di comunicazione cartacei e massmediali che a mio parere andrebbe attentamente studiato perché continuamente utilizzato con conseguenti gravi pericoli per la possibilità effettiva di una corretta dialettica democratica.

Non dovremmo infatti sottovalutare l’impatto che in alcune realtà del nostro paese ha avuto l’uso di tali tecniche di comunicazione in occasione delle elezioni politiche ed amministrative.

D’altra parte proprio noi maceratesi siamo stati oggetto di un simile esperimento nelle fasi immediatamente successive all’attentato terroristico di Traini e dovremmo sapere bene quale forza di penetrazione ha avuto a livello sociale, culturale ed istituzionale.

Una frattura del tessuto cittadino a cui le forze politiche democratiche e antifasciste non sono state in grado di offrire un’azione che non si limitasse a promuovere un ritorno alla normalità, ormai compromessa, mentre invece sarebbe stato necessario impegnare tutte le disponibilità, che pure c’erano e che avevamo sollecitato, per aprire un confronto con la città sulla gestione dei migranti, sulla valorizzazione della cultura dell’accoglienza, nel coinvolgimento delle numerose realtà culturali al fine di promuovere occasioni di riflessione e confronto per non subire come poi è avvenuto la rappresentazione di una città assediata, dalla delinquenza, dalla mafia nigeriana.

E’ vero che questa capacità di penetrazione ha subito poi una battuta d’arresto in conseguenza della crisi politica del governo giallo verde dell’agosto 2019 e successivamente con il Conte II e pochi mesi dopo con la situazione d’emergenza generata dalla pandemia.

Una battuta d’arresto determinata dalle continue oscillazioni della Lega e di Fratelli d’Italia in merito alle misure d’emergenza che però  non possiamo considerare consolidata dal momento che non appena le conseguenze della pandemia sono sembrate meno pesanti è ricominciata la campagna sovranista accompagnata dalle manifestazioni dei novax alla cui testa si sono poste le organizzazioni neofasciste fino a giungere all’assalto della sede nazionale della CGIL; tutto ciò sta a dimostrare la pericolosità di queste organizzazioni e al tempo stesso l’inadeguatezza  delle misure di contrasto messe in atto dal governo, fino a costringere l’Anpi a chiedere al Presidente del Consiglio di ottemperare al suo compito procedendo allo scioglimento delle organizzazioni neofasciste, richiesta  fino ad oggi inascoltata.

Tutti processi che congiungendosi con le conseguenze della Pandemia determinano una situazione di estrema difficoltà per un’ampia fascia di persone che certamente non potranno vedere vie d’uscita alle proprie situazioni se chi ne ha il potere non deciderà di modificare l’ideologia e la cultura politica che ha sostenuto sia in Italia che in Europa gli orientamenti e le scelte politiche di questi anni.

Nel primo anno della Pandemia sembrava che fosse maturata una tale consapevolezza sia in alcune forze politiche che ai vari livelli governativi, ma poi molto velocemente sembra si sia ritornati alle logiche e scelte precedenti: cessazione del blocco dei licenziamenti, incapacità di avviare politiche industriali che siano in grado di affrontare in modo sistematico almeno le più rilevanti situazioni di crisi (sembra si sia persa qualsiasi capacità di pensare in termini di programmazione e non ci sia altro da fare che affidarsi alle dinamiche dei mercati).

Il documento nazionale alla base del Congresso affronta in modo ampio ed approfondito queste ed altre questioni, traccia un quadro di riferimento e d’orientamento che dovrà essere alla base della nostra azione sia a livello territoriale che nazionale.

Un documento che è stato occasione di confronto con quanti hanno voluto accogliere il nostro invito fin da quando lo abbiamo reso pubblico a maggio dell’anno scorso.

Nel nostro territorio provinciale questo documento è stato alla base della costituzione della Rete “Uniamoci per salvare l’Italia” così come lo è stato per la costituzione della Rete regionale; in questo modo possiamo dire che il documento PER UNA NUOVA FASE DELLA LOTTA DEMOCRATICA E ANTIFASCISTA ha cominciato a svolgere il proprio ruolo di orientamento e guida dell’azione delle nostre Sezioni e della costruzione delle condizioni per cui ci si orienti decisamente nella direzione auspicata: praticare e sperimentare occasioni di confronto e di collaborazione tra soggetti diversi per storia, esperienza organizzativa e politica accumunate dalla consapevolezza della complessità e per alcuni versi della drammaticità della situazione attuale ma anche dalla condivisione e consapevolezza che le radici della nostra democrazia sono frutto ed espressione dell’antifascismo, dell’idea d’Europa del “Manifesto di Ventotene”, della Resistenza, della Costituzione, e della “Dichiarazione universale dei Diritti Umani”; tutte espressioni della più alta consapevolezza che la nostra epoca ha potuto maturare di fronte alle tragedie della prima metà del secolo scorso originate dal fascismo e dal nazismo..

Una consapevolezza che certamente non ignora le gravi contraddizioni e le vere e proprie regressioni che sono emerse negli sviluppi concreti successivi ma che resta essenziale per pensare al nostro futuro in termini di difesa e sviluppo delle libertà e della democrazia e questo è sicuramente l’insegnamento fondamentale che durante gli anni i protagonisti della riconquistata libertà e dell’edificazione delle nostre istituzioni repubblicane ci hanno consegnato con il loro esempio, con il loro impegno.

E’ certo che dal loro racconto (che potremo anche se solo in parte riascoltare grazie alle loro testimonianze raccolte nel “Memoriale dei Partigiani” ) emerge in modo netto che la concreta realtà economica, sociale, culturale ed istituzionale si è fin troppo spesso incaricata di smentire le affermazioni e gli orientamenti contenuti in quelle carte così come è certo che questi duri insegnamenti della storia (il silenzio inaccettabile dell’Europa all’uso dei migranti per alimentare politiche razziste e di conflitto interstatale, l’incapacità di assicurare il sostegno alla vaccinazione  ai paesi più poveri per salvaguardare i diritti delle multinazionali, la ripresa della corsa agli armamenti nucleari e convenzionali, per citare solo i più recenti) non sono mai stati in grado di scalfire la certezza che senza quei  valori e quegli orientamenti saremmo tutti condannati alla barbarie.

Ecco spiegato perché oggi, di fronte alla concreta situazione che siamo chiamati a vivere la nostra Associazione propone, in primo luogo, a noi stessi e insieme a tutti i democratici e gli antifascisti, un insieme di argomenti e di proposte su cui impegnarci.

La scelta che il congresso è chiamato a fare è certamente impegnativa ed anche ambiziosa per un soggetto politico-culturale qual è l’Anpi, un’associazione di partigiane e partigiani e di antifascisti che possono contare solo sulla disponibilità di quanti scelgono di mettersi  a disposizione consapevoli dell’importanza di ravvivare la memoria di un’esperienza unica che è stata capace di preservarsi perché non ha mai rinunciato a fare i conti con il proprio presente, perché ha sempre provato a far rivivere quei valori e quelle volontà che erano maturate nel vortice della lotta antifascista, della Resistenza e della Lotta di Liberazione.

Le lotte contro i pesanti rigurgiti fascisti degli anni 60 e poi quelle per i diritti del lavoro, contro le stragi fasciste e degli organi deviati dello stato, la lotta al terrorismo, la difesa dei ripetuti attacchi alla Costituzione, il costante impegno per lo sviluppo della democrazia e della partecipazione nelle molteplici forme che hanno assunto negli anni, e come non ricordare che tutto questo non sarebbe stato possibile senza il riconoscersi comunque da parte di innumerevoli soggetti più  o meno organizzati, spesso divisi e conflittuali su molti aspetti politici, economici e culturali portatori ed interpreti di una storia di lotte e di impegno per la libertà, i diritti che il termine antifascismo rappresenta pienamente.

Un ricordo che ci deve rendere consapevoli che non incideremo sul nostro presente se non riusciremo ancora una volta a dare nuova linfa a questa storia.

Vogliamo e dobbiamo essere gli attori di un disegno più grande di noi, aperti agli sviluppi che volta a volta saremo in grado di costruire o di contribuire a realizzare ben sapendo che il nostro compito è quello di essere di stimolo, di supporto, di confronto e di mediazione quando le cose si incaricheranno di accentuare le inevitabili contraddizioni che sorgeranno dalla pluralità dei soggetti con i quali entreremo in relazione.

Fu questa la forza dell’antifascismo.

Ed è per questo che troppo spesso, a seconda delle diverse fasi politiche e per interessi di parte, è stato dato per morto, a partire dal 1948, e poi in altri frangenti della nostra travagliata storia nazionale.

Oggi, è questo l’incipit del nostro documento congressuale, “Siamo nel pieno di una tragedia mondiale a causa della pandemia e della gigantesca crisi economica e sociale da questa determinata. Da ciò derivano la gravità, l’eccezionalità, l’incertezza del tempo che viviamo. Ma proprio perché crescono la sfiducia, lo scoramento e perfino in tanti casi la disperazione, tanto più occorre promuovere un’idea di cambiamento e così diffondere un messaggio di speranza e di fiducia. Questo è il tempo di una visione del futuro, la visione di un Paese che ritrova le sue radici e dà vita ad una svolta storica”

E “Questo è il senso concreto ed attuale che l’Anpi attribuisce alla storia e tradizione antifascista che rappresenta e per queste ragioni l’Anpi ha avanzato la proposta di una grande alleanza per la persona, il lavoro, la società.”

E ancora “Il nostro Congresso ridisegna così la funzione dell’Anpi nel contesto di una nuova fase storica per l’Italia

Questo nostro congresso costituisce il primo momento di sintesi dei 19 Congressi di Sezione che si sono tenuti nei due mesi precedenti a cui hanno partecipato 296 iscritt* su 901 che hanno eletto 67 delegate e delegati

Siamo chiamati a discutere il documento nazionale e ad avviare un confronto su come rendere concreti gli orientamenti in esso contenuti nella nostra realtà territoriale in un contesto associativo che è stato indebolito dalle condizioni determinate dalla pandemia che ci ha privato della risorsa più importante per un’associazione come la nostra, la possibilità di condividere momenti di confronto e di costruzione delle nostre iniziative, la presenza nelle strade con i banchetti per il tesseramento e la diffusione dei nostri materiali, la presentazione di libri, gli incontri nelle scuole, il camminare insieme e condividere strade e sentieri  del nostro territorio, le storie e i ricordi dei sacrifici e delle vicende partigiane, dei prigionieri degli antifascisti e tutto quello che negli anni abbiamo contribuito a ricordare.

Non tutto si è bloccato ma certo le relazioni umane che sono la condizione perché tutto questo potesse avere forma si sono sensibilmente ridotte, come era inevitabile.

Ridotte ma non azzerate perché in ogni caso abbiamo continuato la nostra attività incrementando l’uso delle videoconferenze, ricercando il coinvolgimento degli iscritt* in attività di comunicazione e trasmissione di conoscenze e confronto che continueremo a svolgere con la speranza di poter riprendere in condizioni di sicurezza dal punto di vista della salute le nostre attività in presenza.

Avremo molte cose sospese da riattualizzare a partire dalle Marce e dai Cammini della Memoria ed altre da sviluppare ulteriormente come “la pastasciutta antifascista”, le letture pubbliche, il lavoro con le scuole e la ricerca di nuove possibilità e modalità di comunicazione con le giovani generazioni, riattivare il concorso in ricordo di Primo Boarelli e rinnovare il rapporto con le Università del territorio. In questa sede non ritengo utile un’elencazione delle attività e dei progetti da sviluppare; saranno i nuovi organismi di Sezione e il Comitato provinciale a ridefinire gli impegni anche in relazione alle concrete possibilità che si determineranno nei prossimi mesi.

Esiste una base di esperienze concretamente sviluppate negli anni (consultabile sul sito dell’Anpi provinciale a partire dal link https://www.anpimacerata.it/?page_id=15441) abbastanza ampia su cui poter lavorare.

Una riflessione specifica a mio parere va fatta in merito all’uso dei mezzi digitali, in particolare cercando di incrementare i mezzi da utilizzare per veicolare i nostri contenuti; resta a mio giudizio l’utilità del sito dell’Anpi provinciale quale contenitore e specchio delle attività proposte nella provincia di cui incrementare la funzione di supporto alla formazione (un tema più volte richiamato nel documento nazionale come condizione per poter svolgere adeguatamente il compito che ci stiamo dando)  il che richiede di impegnare in modo sistematico una o più risorse da dedicare a questo compito così come si dovrebbe incrementare l’abitudine di videoregistrare le iniziative per la costituzione di un archivio fruibile a tutti coloro che sono interessati..

Nel documento nazionale viene posta la questione dei coordinamenti regionali con il compito primario di rappresentare l’Associazione nei rapporti con le Istituzioni regionali e di curare le relazioni con le organizzazioni sociali, sindacali, politiche e culturali del medesimo livello.

Considerato che ho svolto la funzione di coordinatore regionale per qualche tempo ritengo di poter motivare la mia condivisione della proposta anche se credo che sia necessario un intervento specifico verso i comitati provinciali perché maturi maggiormente la consapevolezza della necessità di un tale raccordo.

L’esperienza condotta nel coordinamento  AnpiMarche dimostra che non solo è utile per avere la possibilità di una interlocuzione unitaria con la Regione Marche e per una valorizzazione, per quanto sarà possibile dato il contesto,  delle due leggi regionali (Legge 15/2013 e legge 25/2020) ma anche per dare ulteriore sviluppo alla positiva esperienza del “Treno della Memoria” e all’affiancamento delle esperienze di intervento nelle scuole a livello provinciale con un’offerta formativa di livello regionale nell’ambito del protocollo d’intesa Anpi-Ministero dell’Istruzione e soprattutto per dare ulteriore impulso alla rete “Uniamoci per salvare l’Italia .

Infine ritengo che il coordinamento potrà essere utile per affrontare le questioni che deriveranno dal fatto che anche l’Anpi entrerà a far parte del Terzo settore con le conseguenze che ne deriveranno in termini organizzativi che ancora non conosciamo specificamente.

Per quanto riguarda il bilancio del 2021 i dati ci mostrano una disponibilità di risorse che ammontano a 11307,23€ cui vanno sottratte la quota parte delle tessere 2021 da versare al nazionale e la quota parte relativa al pagamento delle utenze in contenzioso con il Comune di Macerata per la sede.

Alla cifra disponibile andranno aggiunte le risorse che la Regione Marche ci deve versare per l’anno 2020 2308,52€ e di 10686,73€ per l’anno 2021 (sempre che le ritenga adeguatamente documentate).

Come ricorderete diversamente da quanto fatto negli anni precedenti a partire dal 2019 come Comitato provinciale non abbiamo girato pro quota alle sezioni i contributi della Regione in quanto si è ritenuto di accantonare tali somme per fare fronte al pagamento delle tessere al nazionale e garantirsi le somme necessarie per la risoluzione del contenzioso sulle utenze arretrate con il Comune di Macerata ma anche per la copertura delle spese per l’acquisto dei libri (Noi Partigiani, Biografia Luciano Guerzoni) il contributo ai volontari del progetto Eventi e luoghi della Resistenza per l’anno 2020 e per la stampa del libro “Resistenza, Liberazione e Ricostruzione nel maceratese al 1943 al 1945”, per la ristampa  de  “Il gruppo bande Nicolò”, la pubblicazione libro di Mario Mosciatti  “Camerino 24 giugno 1944 – 70 banditen erschossen” per l’anno 2021 e altre specificamente indicate nel bilancio 2021 all’esame della Commissione.

In sostanza nel momento in cui la Regione Marche ci accredita i contributi 2020 e 2021 avremo ricostituito un fondo da poter utilizzare per le attività da porre in essere per l’anno 2022. A questo proposito i Presidenti di Sezione  dovranno trasmettere in tempi brevi al Comitato provinciale le iniziative e le attività che intendono realizzare nel corso del 2022 perché lo stesso possa inviare al coordinamento regionale un progetto che unito a quello degli altri comitati provinciali della nostra Regione verrà trasmesso alla Regione Marche come progetto unico AnpiMarche così come deciso nella riunione dello scorso dicembre del “Coordinamento regionale dei percorsi della pace e della memoria antifascista” prevista dalla Legge 15 del 2013. Una modalità che avevamo sollecitato di adottare da tempo al fine di poter conoscere all’inizio di ogni anno le risorse su cui è possibile contare per poter programmare le attività e soprattutto avviare alcuni progetti che per le loro caratteristiche debbono poter contare su risorse certe per essere avviati. 

Modalità che fino ad oggi non era stato possibile adottare.

Quest’anno siamo anche riusciti grazie al contributo dell’Anpi nazionale e dello Spi, del Comune e della ProLoco di San Severino Marche, della Coop e con il sostegno di alcuni cittadini e l’opera artigianale di Emanuele Ticà a recupere il locale Monumento della Resistenza che versava in condizioni di degrado (che verrà inaugurato il 25 aprile) così come è proseguita la valorizzazione del Museo della Resistenza e della Cultura del Territorio “Don Enrico Pocognoni” di Braccano con la realizzazione di un murales dell’artista Massimo Melchiorri, realizzato sul muraglione a fianco della scalinata che porta all’ingresso del Museo e l’acquisizione del “carretto” con il quale furono trasportate le spoglie di Don Pocognoni.

Abbiamo inoltre sottoscritto un contratto di comodato d’uso gratuito con i proprietari del forno di Vestignano (un forno sociale, utilizzato nei primi decenni del secolo scorso dalla popolazione per cuocere il pane e che il 22 marzo 1944 fu teatro dell’uccisione di tre giovani partigiani durante l’eccidio di Montalto) e successivamente  con il lavoro volontario degli iscritti della sezione Anpi di Caldarola e dei paesi limitrofi di Cessapalombo, Camporotondo di Fiastrone, Serrapetrona e Belforte del Chienti a restaurare il locale dove avvenne quel tragico evento.

In diverse realtà Recanati, Macerata si è concretizzato il progetto “Strade di Liberazione” con la deposizione di un fiore sotto le targhe e la segnaletica cittadina, dedicate ad antifasciste/i e partigiane/i.

Esempi emblematici di quanto può essere ulteriormente realizzato potendo contare su risorse certe in termini di cura della memoria sia attraverso la diffusione delle conoscenze acquisite con la ricerca che con il recupero di manufatti, monumenti e/o la promozione dei luoghi e dei sentieri partigiani.

Vorrei infine terminare la mia relazione con un ringraziamento a tutti i Presidenti di Sezione e in generale alle iscritte e agli iscritti che in questi anni mi hanno aiutato e sostenuto nello svolgimento del compito che mi avevano chiamato a svolgere.

Con questo congresso giunge a compimento un decennio di impegno politico e culturale dal quale ho ricevuto ben più di quanto sono stato in grado di dare.

Ricordo che quando fui eletto mi dissi onorato della scelta ma anche preoccupato perché non sapevo se poi sarei stato in grado di corrispondere alle aspettative.

Spero di averlo fatto almeno in parte.

Ora è giunto il momento che siano altri ad assumere questo ruolo.

Come sapete in vista del Congresso insieme con Francesco Rocchetti e Lucrezia Boari abbiamo incontrato i Presidenti di Sezione per avere uno scambio di idee sulla effettiva situazione delle singole Sezioni dal quale è emerso un quadro variegato di situazioni in cui il terremoto e la pandemia hanno rallentato oggettivamente le attività svolte così come il tesseramento; nonostante ciò abbiamo potuto constatare che nel complesso lo stato di salute delle sezioni può farci ben sperare nella capacità di poterci misurare con i compiti che il congresso nazionale ci assegnerà.

Un fatto è certo abbiamo un quadro dirigente ampio capace di esprimere molteplici figure di compagni che hanno, fin dal 2006 quando l’Anpi decise l’apertura delle iscrizioni anche alle non partigiane e ai non partigiani col Congresso di Chianciano Terme, condiviso impegno e responsabilità di direzione dell’Associazione a livello di Sezione e/o di Comitato provinciale e anche di strutture di coordinamento regionale,  che hanno accompagnato questo loro impegno con altre esperienze in altre associazioni, organizzazioni politiche e sindacali oltre che con l‘assunzione di responsabilità” istituzionali; tutto ciò costituisce per me elemento di rassicurazione riguardo la scelta di concludere con questo congresso  il ruolo di rappresentanza dell’associazione a livello provinciale.

Questi anni sono stati difficili per la nostra Associazione ma sono stati anche anni di crescita, di rinnovamento dei gruppi dirigenti, di grande impegno per la difesa della Costituzione e di denuncia dei pericoli di una persistente presenza di fascisti che rinfocolano il razzismo, la xenofobia si confondono con i populisti e i sovranisti approfittando del decadimento del ruolo e della funzione dei partiti per la loro propaganda e per la perpetuazione del loro disegno reazionario e violento.

Abbiamo svolto un ruolo fondamentale che siamo chiamati a rinnovare e rendere ancora più influente e per questo c’è bisogno di nuova linfa vitale, di un maggiore coinvolgimento delle giovani generazioni che la pandemia ha colpito in modo grave nei loro affetti, nel loro modo di vivere e condividere con i coetanei le aspettative per il futuro ma che ha anche reso più attenti a quanto succede nel contesto in cui vivono e li ha resi maggiormente consapevoli della necessità di far sentire la loro voce riguardo al lavoro, ai modi delle relazioni sociali, all’importanza della tutela dell’ambiente e forse anche alla intrinseca contraddizione degli sviluppi conseguenti alla rivoluzione tecnologica.

Vi ringrazio di cuore per il sostegno e la collaborazione che mi avete concesso.

Grazie e buon lavoro a tutte e tutti.

Viva le partigiane ed i partigiani, Viva la Resistenza, Viva la Costituzione.

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